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La piscina all'interno di un condominio è certamente fonte di gioia, ma anche di qualche preoccupazione. A tutti fa piacere prendere il sole e rilassarsi sul bordo vasca, farsi una bella nuotata e rinfrescarsi nelle giornate afose, per non parlare del divertimento per i più piccoli. Non bisogna però dimenticare il risvolto della medaglia: la piscina, per sua natura, è un luogo pericoloso e può rappresentare una minaccia per l'incolumità dei condòmini e dei loro ospiti, il che crea non pochi grattacapi per l'amministratore del condominio. Il pericolo può celarsi sempre dietro l'angolo, senza voler pensare a fatti tragici, purtroppo da mettere in conto, a volte basta una svista, una spinta, uno scivolone, per rovinare a se e agli altri una bella giornata. Ma i pericoli, spesso, sono ben altri, meno evidenti e perciò più insidiosi, si pensi alla salubrità dell'acqua e ai rischi igienico-sanitari che possono assumere una rilevanza determinante e che possono essere influenzati da una serie di fattori quali la presenza di un elevato numero di impianti tecnologici, la qualità delle acque, il numero e le condizioni di salute dei fruitori dell'impianto. Quando la piscina è realizzata all'interno di un condominio, la situazione si complica, e non di poco, almeno per il malcapitato amministratore, chiamato a nuove e sempre più complicate responsabilità. Di seguito cercheremo di capire quali sono le difficoltà da affrontare e le possibili soluzioni, cercando di fornire un quadro di massima della situazione.
Con due recenti decisioni, apparentemente contrastanti, il Supremo Collegio continua la non agevole opera di individuazione del giudice competente a conoscere le controversie condominiali, segnatamente qualora queste ultime registrino conflitti in ordine all'utilizzo delle parti comuni dell'edificio; la situazione è, senza dubbio, migliorata rispetto al passato, in cui la distinzione tra "misura" e "modalità" d'uso dei beni comuni comportava l'assegnazione della causa alla cognizione funzionale di distinti magistrati, ma anche attualmente il discrimen tra competenza per materia (prevalentemente appannaggio del giudice onorario) e per valore crea disorientamento negli operatori del settore, che potrebbero pagare caro, quanto a tempo e denaro, l'incardinamento errato del giudizio presso il tribunale o il giudice di pace.
L'art. 1129 cod. civ., nella nuova formulazione, al comma 10, prevede che «L'incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata. L'assemblea convocata per la revoca o le dimissioni delibera in ordine alla nomina del nuovo amministratore».
La legittimazione passiva: i comproprietari; la responsabilità solidale, coeredi mortis causa; l'acquirente; il venditore, il momento di insorgenza dell'obbligo di pagamento
L'estensione dell'utilizzo dei voucher legati al ricorso al lavoro accessorio sta assumendo dimensioni notevoli anche al di là delle intenzioni del legislatore, che tuttavia, sia con la riforma del 2012 (legge 92/2012), sia con quella del 2015 (D.Lgs. 81/2015), ha sostanzialmente liberalizzato questa tipologia lavorativa. Per questo il Ministero del lavoro e l'INPS hanno da ultimo cercato di introdurre dei vincoli più stringenti non tanto nei presupposti, quanto nelle modalità procedimentali per acquisire i buoni. In particolare il Ministero del lavoro ha annunciato una disposizione che verrà approvata a breve per rendere perfettamente tracciabili i voucher in modo da evitare possibili abusi. In questo intervento cercheremo di capire come applicare la disciplina generale dei voucher alle specificità del condominio e del settore edile.
Spetta la detrazione del 50% delle spese di installazione delle valvole contacalore, ma soprattutto compete la detrazione IRPEF del 50% dell'IVA in relazione all'acquisto di immobili abitativi anche da imprese che li hanno rispristinati o ristrutturati. Sono questi soltanto alcuni dei chiarimenti forniti dall'Amministrazione finanziaria con due recenti documenti di prassi.
Il D.Lgs. 50 del 18 aprile 2016 (pubblicato sul s.o. n. alla G.U. 91 del 19 aprile), rubricato "Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture" e comunemente noto come il nuovo “Codice degli appalti”, nella sua parte finale contiene alcune disposizioni in tema di contenzioso, suddivise in due distinti capi, rispettivamente dedicati ai ricorsi giurisdizionali (art. 204) e ai rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale (artt. 205-211).
Con l'entrata in vigore (dal 19 aprile 2016) del nuovo Codice cambiano i criteri di aggiudicazione degli appalti a disposizione delle stazioni appaltanti.
L'approvazione del D.Lgs. 50 del 18 aprile 2016 «sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici» ha ripreso in considerazione anche la disciplina degli appalti nel settore dei beni culturali introducendo alcune novità, tra le più rilevanti: un sistema più snello per le sponsorizzazioni, l'obbligo del possesso di requisiti specifici per la partecipazione ai bandi di gara, un regime diversificato per le varianti in corso d'opera e il divieto di avvalimento.
Il nuovo Codice dei contratti pubblici e il rischio paralisi dei nuovi lavori: stop temporaneo o ripresa in pericolo?